Creare contenuti nell’era dell’intelligenza artificiale: guida pratica ed etica per brand e professionisti

Un’esperienza comune che molti di noi fanno ogni giorno sui social media e sul web è quella di essere invasi da moltissime informazioni, sotto forma di post, reals, caroselli o articoli. Creare contenuti e seguire content creator sembra sia diventato il modo migliore per far crescere il proprio business, eppure quante sono le volte in cui ci diciamo: “wow che bella guida, che bel approfondimento, che video interessante… ” e quante altre ci accorgiamo subito che il contenuto è stato creato da A. I.?

Lo capiamo perché un testo, pur essendo ben costruito (anche se non è sempre così- chat sbaglia!), manca di personalità, di profondità emotiva o di un punto di vista e un pensiero critico. Non ti emoziona, non ti fa riflettere, non ti lascia una traccia. Sembra scritto per riempire uno spazio, non per comunicare davvero.

In questa guida pratica ed etica per la creazione di contenuti, vi racconterò di come io stessa uso l’intelligenza artificiale nel mio lavoro di storyteller e vi mostrerò la differenza che passa tra “produrre più contenuti” e “come produrre meglio”, per non perdere ciò che vi caratterizza: stile, tono di voce, visione.

Usciamo dal imperativo: l’importante è esserci (sul web o sui social) e torniamo a seguire il valore ultimo di chi ama il proprio lavoro, fare bene e del bene restando fedeli a se stessi, valorizzando la nostra autenticità.

Intelligenza artificiale e intelligenza emotiva: mettiamole a confronto

Per quanto, alcuni di noi ne siano spaventati, l’intelligenza artificiale non sarà mai e poi mai più intelligente di un essere umano, a meno che siamo ancora fermi all’idea che essere intelligenti equivalga ad usare la logica e la razionalità. Il testo che sto per scrivere l’ho elaborato chiedendo all’intelligenza artificiale queste tre cose:

  1. Cos’è l’Intelligenza Emotiva?
  2. Quanti tipi di intelligenze esistono?
  3. L’intelligenza artificiale le possiede tutte?

Ecco le sue risposte:

Alla prima domanda risponde: l’Intelligenza Emotiva (IE) è la capacità di riconoscere, comprendere, gestire e utilizzare le proprie emozioni e quelle altrui in modo efficace. È stata formalmente coniata dagli psicologi Peter Salovey e John Mayer nel 1990. Tuttavia, è stata resa popolare e ampiamente divulgata dal giornalista scientifico e psicologo Daniel Goleman con il suo libro del 1995 “Emotional Intelligence: Why It Can Matter More than IQ” (tradotto in italiano come “Intelligenza Emotiva: Che cos’è e perché può renderci felici”).

Al secondo quesito: secondo la teoria delle Intelligenze Multiple di Howard Gardner (neuropsicologo statunitense, che l’ha proposta nel 1983 nel suo libro “Frames of Mind” – Formae Mentis), esistono almeno otto (o talvolta nove, includendo l’esistenziale) tipi distinti di intelligenza. Le più note sono:

L’utlima risposta è quella che conta per noi, creatori e consumatori di contenuti:

No, l’Intelligenza Artificiale (AI) non possiede tutte le intelligenze umane. L’AI attuale rientra principalmente nella categoria dell’Intelligenza Artificiale Ristretta (ANI – Artificial Narrow Intelligence). Questo significa che è eccellente in compiti specifici per cui è stata addestrata (es. giocare a scacchi, elaborare il linguaggio naturale, riconoscere immagini), spesso superando le capacità umane in quei domini.

Le AI mostrano abilità che richiamano l’intelligenza linguistica e logico-matematica (es. chatbot, analisi dati), ma non possiedono le intelligenze legate alla coscienza, all’emozione, all’empatia, all’introspezione e alla comprensione profonda delle relazioni umane (Intelligenza Intrapersonale ed Interpersonale/Emotiva). L’IA non ha autoconsapevolezza, sentimenti, motivazioni intrinseche o capacità di stabilire relazioni umane autentiche.

L’Intelligenza Artificiale Generale (AGI – Artificial General Intelligence), che sarebbe in grado di replicare tutte le capacità cognitive umane, e la Superintelligenza Artificiale (ASI – Artificial Superintelligence), che le supererebbe, sono ancora concetti teorici e non sono state realizzate.

Limiti e vantaggi dell’AI nella creazione di contenuti

Confesso: l’intelligenza artificiale è la mia assistente, ho imparato ad utilizzarla dandole di volta in volta comandi sempre più specifici, con il risultato che spesso ciò che crea non mi piace, ma altre volte riesce a darmi punti di vista nuovi e freschi. In sostanza la utilizzo per trovare nuove idee, fare una sintesi, organizzare contenuti e mettere ordine tra i miei progetti. Usarla mi ha permesso di dimezzare la creazione di contenuti per il mio profilo Instagram e di avere più tempo per dedicarmi a cose che necessitano della mia presenza e delle mie competenze, delle mie altre intelligenze, come ad esempio le consulenze gratuite ai nuovi clienti o i servizi di storytelling che svolgo per brand e professionisti.

Non la uso mai per generare innovazione (solo ispirazione), per raccontare la storia di un brand o di un prodotto, per fare comunicazione aziendale. Posso chiederle di fare tante cose, ma mancando di quella intelligenza emotiva, come fa a dare vita ad un testo che sia emozionale o che abbia una visione? Che parli e comunichi a persone vere, persone con le quali io interagisco. Conoscere empiricamente le dinamiche delle interazioni umane, è un vantaggio per mi chi fa il mio mestiere, e non può essere svolto da chi non ha vissuto quel tipo di esperienza.

L’IA è un prodigio, nessuno lo mette in dubbio. Risponde velocemente ai prompt, scrive contenuti, scrive in modo corretto per lo più (non sempre, mi raccomando controlla e soprattutto chiedi la verifica delle fonti). Ma c’è una differenza abissale tra un testo corretto e un testo efficace. E, lasciatelo dire, un testo scritto da una professionista.

Quante volte hai letto frasi pompose o giri di parole che non dicono nulla? L’IA, spesso, amplifica questa tendenza al “linguaggio usa e getta”, perché è addestrata su un’enorme quantità di testi… e non sempre i migliori.

Qui entra in gioco una regola d’oro della comunicazione che un’esperta come Annamaria Testa insegna da anni: la “verità delle parole”. Non un vezzo da linguista, ma la strategia più radicale e vincente per un brand che vuole essere ricordato, non solo letto. Significa scegliere il termine esatto, eliminare il superfluo, e dire molto con poco. Significa far sì che ogni singola parola abbia un peso, una ragione d’esistere. Non è solo cosa dici, ma come lo dici, e perché quella parola specifica e non un’altra.

Pensaci: l’IA non ha un “perché” profondo. Tu sì. Ed è quello che ti distingue.

Perché l’AI non può essere la “voce del tuo brand”

La linguistica e la sociolinguistica ci insegnano che il linguaggio non è solo uno strumento per comunicare informazioni, per descrivere ciò che ci circonda, per nominarlo. È uno specchio e contribuisce a costruire la realtà che percepiamo, modella la nostra identità e crea ponti (o muri) tra le persone.

Quando parliamo di “a chi si scrive”, non stiamo parlando solo di aspetti socio-demografici. Stiamo parlando di risonanza. Di capire quel codice sottile che lega il tuo messaggio al mondo del tuo pubblico. E questo codice si esprime con la precisione lessicale e sintattica.

Un brand che si esprime con chiarezza, senza fronzoli inutili o cliché stantii, proietta autorevolezza e credibilità. Non sei percepito come uno tra tanti, ma come “quello che sa il fatto suo”, “quello che parla chiaro”, “quello di cui mi fido”. Questo legame di fiducia, tessuto con fili invisibili del linguaggio, è il superpotere che l’IA, per quanto brava, non può replicare.

L’AI scrive testi ottimizzati in chiave SEO? Conquista google e i tuoi clienti: usa la tua esperienza

Certamente l’intelligenza artificiale può produrre testi ottimizzati in chiave SEO, il mio consiglio è di usarla per la produzione di copy (accedi da qui alla guida al copywriting), come ad esempio scrivere articoli per il tuo blog o post per i tuoi profili social, senza dimenticare che quel testo da solo, non può bastare: inserisci il tuo stile, la tua personale visione, la tua esperienza. Un testo deve avvolgere il lettore, creare una relazione con lui. Riuscire a farlo è la vera missione del marketing.

Inoltre la forma del tuo copy (aspetto, sintassi, grammatica ecc.), cambia il modo in cui il tuo brand, prodotto o servizio viene percepito:

Nel 2011 un imprenditore britannico di e-commerce, Charles Duncombe, si accorge che, dopo la correzione di un singolo errore di ortografia, le vendite raddoppiano. Il risultato è clamoroso […] eppure non dovrebbe stupirci: sappiamo bene che la caratteristica più visibile di un sito inaffidabile o truffaldino è proprio la densità di errori.

Annamatia Testa, Le vie del senso, come dire cose opposte con le stesse parole

Quali sono i vantaggi di pubblicare un testo ben scritto?

  1. Tempo di permanenza e conversione: Un testo ben scritto, preciso e coinvolgente, non solo cattura l’attenzione, ma la trattiene. Più un utente rimane sulla tua pagina, più Google sorride. E se il tuo messaggio è cristallino, risponde esattamente al bisogno, il tasso di conversione sale alle stelle.
  2. L’intenzione di ricerca, non solo la Keyword: Google è diventato intelligente. Non si accontenta più del “keyword stuffing”. Cerca di capire l’intenzione profonda dietro una ricerca. Il tuo linguaggio preciso, che risuona con il problema e la soluzione del tuo cliente ideale, si posiziona meglio perché risponde veramente alla sua domanda, in modo naturale e pertinente. È la differenza tra “vendita scarpe online” e “libertà ai tuoi piedi con materiali naturali”. Quale ti risuona di più?
  3. Il fattore umano: L’IA può produrre testi “ottimizzati”, sì. Ma spesso mancano di esperienza diretta, di profondità emotiva, di quell’autorevolezza genuina che solo una persona vera ha. Google (e gli altri motori di ricerca) premiano sempre di più l’E-E-A-T (Experience, Expertise, Authoritativeness, Trustworthiness). La tua voce, la tua precisione linguistica, la tua capacità di creare connessioni profonde attraverso le parole, sono fattori SEO differenzianti che nessun algoritmo può replicare appieno. Il tuo contenuto sarà più riconoscibile, più condivisibile, e genererà quel passaparola che alimenta il tuo ranking.

Guida pratica ed etica per contenuti che generano clienti

Nell’era dell’IA che genera il “già sentito”, la tua arma segreta è la tua capacità di essere un chirurgo del linguaggio. Non un copia-incolla vivente, ma una scultrice di parole.

Ecco la tua guida pratica ed etica:

Non accontentarti di “riempire gli spazi” con le parole. Sii ossessionata dalla loro potenza.

La tua unicità non è un algoritmo. È la tua voce. E quella, fidati, continua a battere l’IA 10 a 0.

Se hai difficoltà a trovare le parole giuste, a creare contenuti ben scritti clicca qui e prenota una sessione gratuita di storytelling strategico.