Il diritto di scegliere – Storia di un bambino ucraino

Lo sapevate che non vediamo più quello che siamo abituati a vedere? Siamo costantemente sotto la minaccia di innumerevoli stimoli interni ed esterni e il nostro cervello deve fare in fretta per scegliere a chi o a cosa dare attenzione. L’attenzione è preziosa, determina la qualità dei nostri pensieri ma anche dei nostri sentimenti. Se qualcuno di voi ha letto Cecità di Saramago, sa di cosa parlo, parlo di umani che si abituano a qualunque forma l’orrore assuma.

Adesso vi devo chiedere di fare uno sforzo, di uscire dalle vostre vite, di far sparire le vostre mani dagli occhi, di trovare uno sguardo nuovo per prestare “consapevolmente attenzione” ad un bambino, che non conoscete ma che dovreste assolutamente conoscere. Se non ci riuscite, per qualunque ragione, smettete di leggere.

In questo articolo non ci saranno dati sui bambini ucraini orfani, non saranno numeri, chiamerò uno di loro con il suo nome e vi racconterò ciò che sta vivendo, per tentare di fissare dentro di voi, come uno scultore, gli occhi di Adam.

Adam prima che incontrasse “Tato e Mama siciliani”

A questo punto della storia “umana” non credo sia necessario addolcire la verità per gli adulti, ve lo dico senza l’uso di ammorbidenti vari, Adam è orfano e non è una cosa alla quale ci dovremmo abituare. Adam ha perso i suoi genitori nel Donbass, aveva solo un anno e mezzo, oggi ne ha sette. Adam ha vissuto in un orfanotrofio in Ucraina.

Con le vicende che tutti conosciamo, Putin e la NATO e altre faccende di cui ad un bambino non frega assolutamente nulla, Adam insieme ad altri bambini viene portato in Italia.

La prima fermata della sua avventura italiana è Vibo Valentia in Calabria. Qui viene preso in affido momentaneo da una famiglia del posto, la quale, solo dopo cinque ore, lo riporta indietro perché sostengono sia ” troppo vivace”.

Ora non so se anche a voi questa affermazione su Adam vi esplode nella testa e nel petto, a me fa arrabbiare moltissimo, perché di bambini vivaci ne è pieno il mondo, ma “troppo” sappiamo bene che significa altro. Adam non è troppo vivace, Adam è irrequieto, instabile come la sua vita. E per aiutare un bambino irrequieto ci vuole qualcosa di speciale: dedizione.

Ma andiamo avanti, Adam con il suo bus e i suoi amici di sventura arriva a Catania. Accolto da un associazione viene di nuovo dato in affido ad una famiglia catanese, la quale dopo qualche giorno lo riporta indietro.

Dunque, cosa sappiamo di Adam? Sappiamo che a soli sette anni ha un esperienza di vita che molti di noi non abbiamo ancora sperimentato, non avere i genitori, sappiamo che per ben due volte da quando è arrivato è stato rispedito al mittente. Sappiamo che nessuno chiederà mai scusa a lui o ai suoi amici per ciò che gli sta accadendo.

Non voglio impietosirvi e sono certa che neanche lui lo voglia. Voglio distruggervi, farvi piangere non come quando guardate un film sulla guerra, ma come quando la guerra non è un film ma è reale. Voglio che sentiate il vostro cuore macellarsi, sia per il dolore ma anche per la gioia che adesso Adam sta vivendo, con i suoi genitori affidatari, i terzi.

Loro tre insieme: Adam, Elenia e Rosario sono come un enorme bene che si espande su questo mondo, che sfida la guerra a colpi d’amore e solletico. Ma credo che la lezione più importante venga proprio da lui, sarebbe bello se tutti insieme potessimo guardare alla vita con la stessa determinazione con cui Adam oggi vuole imparare l’italiano. Imparare dai bambini non è un cliché. É un privilegio.

Il presente di Adam e la speranza del futuro

Ho intervistato qualche giorno fa i suoi genitori affidatari, per chi si fosse perso Elenia e Rosario. Ho visto Adam per la prima volta quel pomeriggio, di una settimana fa circa, attraverso una video chiamata, giocava con altri bambini del quartiere. Siamo in un piccolo paese in provincia di Catania e lui interagisce con tutti e si gode ogni istante.

Oltre alla commozione da parte di Elenia e di suo marito nel parlarmi di questa nuova esperienza, loro non hanno figli, ho sentito qualcosa che raramente si può intravedere: il sentirsi privilegiati, scelti dalla vita o da chissà chi per rendere bella, serena, felice la vita di un bambino.

C’era vento quel pomeriggio e Elenia mentre parlava con me gli urlava, come solo una mamma sa fare, di mettere il giubbotto se non lo avrebbe riportato a casa, dodomu in ucraino. Ed è a questo punto che mi dice che Adam si aiuta con tutte le sue forze, anche a scuola, per parlare l’italiano perché non vuol più parlare la sua lingua e non vuol più nemmeno sentirla da altri.

Una delle frasi che rivolge ai suoi genitori affidatari, che lui stesso chiama fin dal primo istante Mama e Tato, è: “Ucraina mai più”.

Adam, mi racconta Elenia, che se lo portano fuori, come ad esempio a qualche compleanno o festa con altri bambini della sua associazione, prima di ogni cosa si accerta che il suo zaino, quello pieno di dolciumi con il quale è arrivato in questo nuovo paese, rimanga in quella casa, che Mama non lo prenda e che Tato non gli lasci la mano e lo sguardo.

Adam ha una cameretta tutta sua, piena di giochi che altre mamme gli hanno donato, ma già dalla prima sera ha scelto il suo posto in quella casa. Con la dolcezza che solo due occhi di 7 anni possono avere, lui sceglie il lettone, sceglie di stare al sicuro tra questi due corpi, tra questi due umani, che non lo fanno più sentire “troppo vivace”, ma sereno e coccolato e che, soprattutto, gli fanno il solletico.

É lì che vuole stare, è l’italiano che vuole imparare, è tutto ciò che la vita adesso glia sta offrendo che vuole vivere. Non gli importa altro. Di certo non gli importa del passato e neanche che a cena la televisione sia spenta e che ci siano delle regole, perché tutto, comprese le punizioni, sono parte di quella famiglia, di cui lui sa di far parte.

Adam è in affido temporaneo e vorrei tanto che potesse finalmente godere della sua anima bambina senza preoccuparsi più del suo zaino.

Alla mia domanda a Tato Rosario su come si sente a vivere questa esperienza, lui risponde così:

“É un’esperienza particolare, intanto perché stiamo parlando di un bambino che ha avuto tanti problemi e tante brutte avventure e vederlo tranquillo e felice è bellissimo.”

E non solo è l’unica risposta che un genitore, non madre non padre ma genitore, dovrebbe dare , ma probabilmente è l’unico proposito che noi adulti dovremmo perseguire: la bellezza di un bambino felice.

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3 commenti

  1. Il dovere di noi adulti e proteggere e rendere sereni i bambini, a maggior ragione quando si tratta di bambini in affido. Adam in questa famiglia (Elenia e Rosario) ha trovato protezione e serenità e vista la sua storia, merita di essere felice con persone che lo amammo .

  2. Adam merita di avere una famiglia che lo protegge e gli dia serenità, vista la sua storia

  3. La vicenda di Adam ripercorre il dramma di tanti bambini a cui la vita nega sin dalla prima infanzia l’amore incondizionato dei genitori e con esso il privilegio di sentirsi protetti qualsiasi cosa accada, si tratti di una febbre alta, di una lite con un coetaneo o di quei profondi momenti di angoscia che irrompono nella quiete di un mondo che ancora non conosce sovrastrutture. Il tutto aggravato da un contesto di morte e distruzione, in cui oltre al tuo di lutto ti ritrovi a dover elaborare anche quello degli altri. Tuttavia la vita toglie e dà: la mancanza di amore, ahimè spesso, è una condizione che molti vivono pur crescendo con i le famiglie naturali e in contesti di “benessere”, segnando profondamente l’esistenza di quelle persone che da adulte si ritrovano ad essere dei mostri. Eppure, ha avuto tutto, come mai, molti si chiedono. Al contrario, dal nulla si può avere un’altra chance quando si incontrano perfetti sconosciuti disposti ad accogliere una vita non solo donando amore e attenzioni, ma svolgendo un lavoro molto più complesso, che è quello di supportare la lenta ricostruzione sulle macerie, di promuovere lo slancio verso il futuro, ma senza negazione del passato. La voglia di cancellare tutto ciò che ha provocato sofferenze atroci è comprensibile, ma forse, e questo è lo sforzo più grande, bisogna trovare un angolino nel cassetto delle esperienze anche per quelle. Concordo assolutamente sulla parola chiave: dedizione, proiezione totale sui bisogni dell’altro, tempo, pazienza, tenacia. Tutti indicatori del concetto di…..

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