Vuoi usare i social per lavoro? Fallo ‘a mente libera’

Il dibattito sui social ci spinge a fare qualcosa che per noi umani è naturale, ossia prendere una posizione netta, schierarci: o contrari o favorevoli, o amore o odio. Il fatto è che in molti casi quando ci si rifiuta di usare i social per lavoro è perché in verità (spesso) “non sappiamo usarli” e dunque lo facciamo per partito preso, perché prima non c’erano, perché li percepiamo come ingombranti o faticosi, anche un po’ stupidi e da fannulloni. Sperimentare, vedere che succede se li usiamo per far conoscere il nostro lavoro richiede un cambio di paradigma, una propensione a vedere le novità come un’opportunità e non come un ostacolo da scansare. Richiede uno sforzo importante abbandonare il caro e buon vecchio “si è fatto sempre così”. Ma è proprio l’obiettivo di questo articolo cercare di farti vedere cosa ti perdi quando ti chiudi, quindi leggi fino alla fine, non si sa mai che funzioni 🙂

Dietro a molte posizioni rigide sul tema “social sì, social no” si nasconde l’insidia del non vederli, semplicemente, come tutte la altre cose che fanno parte della nostra vita. Comunicare sui social non dovrebbe essere diverso da tutte le altre modalità in cui ci è permesso farlo, certo ci sono degli aspetti che la contraddistinguono e la rendono molto più potente nel bene e nel male.

Prova riflettere sul fatto che avere uno strumento a tua disposizione che prima non c’era è un vantaggio in realtà, se però ti concentri solo sugli aspetti negativi come che nessuno ti metterà dei cuoricini o che il tuo ex o la tua ex “chissà cosa penserà di te” ecco che perderai di nuovo di vista l’unica cosa che conta: te stesso e i tuoi obiettivi.

Ovviamente esporsi sui soglia ci fa sentire preda degli altri, del loro giudizio, ci fa sentire vulnerabili, anche perché gira voce e l’assurda convinzione che sei sei su un social chiunque può “dire – commentare- quello che vuole” dimenticando le buone maniere, non avendo idea del contesto in cui stanno interagendo. Questa è un’altra faccenda di cui palerò approfonditamente più avanti, adesso proviamo insieme a capire come praticare quella che io chiamo ecologia del pensiero e come possa sbloccarci dal circolo vizioso in cui spesso siamo ingabbiati.

Un altro fattore che può bloccarci dal decidere di comunicare sui social chi siamo, cosa facciamo e di usarli per aumentare visibilità e clienti è la confusione e l’iperinformazione a cui siamo sottoposti: milioni di contenuti, i troppi social media in cui ci dicono dobbiamo esserci, guru di ogni tipo, sedicenti esperti di marketing, urlatori di vite a sei cifre, modelli irraggiungibili sono una delle cause che ci paralizzano e polarizzano.

Eppure tutte queste cose non ci riguardano veramente, sono fuori di noi, sì ma come facciamo a dare a questi pensieri la giusta distanza per non perdere di vista i nostri obiettivi?

Cos’è l’ecologia del pensiero e come applicarla

Qualche tempo fa riflettevo sulla gran quantità di pensieri che mi assillano, alcuni di loro, molti in realtà, hanno una funzione ben specifica: toglierci energia e farci restare fermi dove siamo. Possiamo chiamarli pensieri depotianzianti, frasi e parole che creano solchi che sembrano sempre più invalicabili con il passare del tempo. Dico spesso a miei amici e ai miei clienti che la storia che ci raccontiamo in testa, quello che io chiamo storytelling interiore, è più potente e più trasparente di quello che crediamo.

Mentre riflettevo sulle parole, sulle paure che bloccano l’azione nel lavoro come nella vita privata mi sono chiesta se fosse possibile applicare alla mente una sorta di ecologia che ci permetta di smistare i pensieri, per liberarcene nel caso siano solo “spazzatura”. L’ho fatto ed è uscito fuori che più dell’80% di ciò che mi passa e ti passa per la testa è inutile, negativo e limitante.

Per spiegarti l’intenzione userò le parole di Franz Kafka:

Si può ritenere che la meraviglia della vita sia sempre a disposizione di ognuno in tutta la sua pienezza, anche se essa rimane nascosta, profonda, invisibile, decisamente lontana. Tuttavia c’è, e non è né ostile né ribelle. Se la si chiama con la parola giusta, con il suo giusto nome, essa arriva. Questa è l’essenza dell’incantesimo, che non crea, bensì chiama.”

Diari, 1921

Dunque scegliere delle parole invece che altre cambia le premesse del nostro pensiero, guida le nostre intenzioni e ci conduce a risultati migliori e pieni. Per far ciò, secondo quanto ho appreso, dovremmo:

  1. Scegliere quest’unica premessa: tutto andrà bene. Scegliere di essere coraggiosi e coraggiose, lungimiranti e di avere fiducia. Questa premessa è una promessa da fare a noi stessi. Secondo l’autrice, psicologa e psicoterapeuta, del libro dai cui traggo parte di questo articolo, Olga Chiaia, “Si può decidere consapevolmente quale atteggiamento assumere. È la scelta, che offre una chiave per aprire la porta di qualche prigione mentale, o l’indirizzo per raggiungere almeno per un momento un luogo più bello.
  2. Usare l’immaginazione, o quella che qualche volta viene chiamata “visualizzazione”. Immaginare ci aiuta ad espandere lo spazio del possibile, a fornirci scenari in cui agire. Immaginare “potenzia la percezione”, non è illuderci che qualcosa accadrà o raccontarsi bugie. La differenza tra illudersi e immaginare è che la prima trascura l’azione, la seconda ci spinge ad impegnarci concretamente.
  3. Essere vigili, lucidi, svegli, consapevoli. Quando nasce un pensiero chiediamoci subito se è utile, se ci iuta o se ci sta solo bloccando, sabotando. E non nel senso che deve essere produttivo e performante, ma che è utile per la nostra crescita personale… che amplia invece che restringere le nostre possibilità.

Prova ad immaginarti come una radio, che a seconda delle frequenze può mandare un messaggio forte e chiaro o invece può disturbare, inquinare la tua vita. Fissa il tuo messaggio, smonta le premesse iniziali, agisci con fiducia e canalizza ciò che vuoi, coltiva l’intenzione e lasciala accadere.

Olga Chiaia, Il bello di uscire dagli schemisuperare rigidità e trappole mentali, vivere flessibili e felici

L’ecologia del pensiero è proprio questa capacità di scegliere cosa pensare di noi, di costruire uno storytelling personale che ci faccia superare quel delirio interiore che spesso ci assale e ci fa dubitare di noi.

Ma come possiamo applicare concretamente l’ecologia del pensiero ai social media?

Ad esempio, se ti senti bloccato dalla paura di mostrare il tuo lavoro sui social, chiediti: “cosa mi impedisce di farlo?”‘. Forse hai paura di essere giudicato? Di ricevere commenti negativi? Di non essere all’altezza? Una volta che hai identificato le tue paure, mettiti in discussione. Sono davvero fondate queste paure? O sono solo delle proiezioni della tua mente? E se la risposta è no, allora cambia quel pensiero depotenziante.

Invece di concentrarti sulle paure, concentrati sui benefici che puoi ottenere mostrando il tuo lavoro sui social; come: aumentare la tua visibilità, trovare nuovi clienti, creare una community intorno al tuo brand. E se hai paura di sbagliare, leggi il Manuale di sopravvivenza agli errori, ti aiuterà a cambiare prospettiva.

E per quanto riguarda i “guru” e gli “esperti” di marketing, ricorda che ognuno ha il suo percorso e i suoi tempi. Non paragonarti agli altri e non farti influenzare dalle loro promesse di successo facile e immediato. Concentrati su te stesso e sui tuoi obiettivi. E se hai bisogno di aiuto, scegli un mentore che ti ispiri e ti sostenga, ma che non ti dica cosa devi fare. Un buon mentore ti aiuterà a trovare la tua strada, non a seguire la sua.

Cos’è un pensiero depotenziante e perché non dovresti averlo

Ogni parola porta con sé una risonanza semantica che cambia a seconda della persona che la riceve, ad esempio per me la parola mare può evocare paura e meraviglia insieme, per un’altra persona invece la paura di nuotare, per un’altra ancora può significare “relax e vacanze”, dunque il valore semantico cambia a seconda delle nostre esperienze e delle nostre credenze.

Facciamo un esempio con una frase depotenziante, ossia in grado di toglierci l’energia per agire e superare la paura, che potrebbe essere quella di cambiare lavoro o stile di vita: “non ce la farò mai”. Frasi come queste alimentano la propensione umana di restare ingabbiati nelle nostre visioni , nel crederle vere tanto che a volte li preferiamo alla realtà.

Questo significa che se ci ripetiamo che non riusciremo mai, non stiamo solo limitando la nostra esperienza di vita , che voglio ricordarlo non deve essere fatta solo di successi, ma ci stiamo precludendo la possibilità di avere torto e dunque di farcela. Quando siamo immersi nel nostro delirio personale avere ragione sembra più importante di “provare ad avere torto” e quindi a ricrederci, perché cambiare idea e i nostri comportamenti ci costa fatica.

E se invece cambiassimo una volta per tutte questo paradigma? Cosa ci potrebbe succedere di bello?

Ci potrebbe succedere che spinti e mossi da quella promessa e premesse iniziale che “tutto andrà bene”, innescheremo un circolo virtuoso e non vizioso, in invece di ripeterci “sono fatto così” inizieremo a comprendere che è scegliere di volta in volta che atteggiamento avere, che ci libererà da gabbie mentali e dal quel delirio che ci siamo raccontati in cui ci credevamo senza alternative.

Questo approccio alla vita e lo stesso che puoi utilizzare nel tuo lavoro, che ti aiuterà a capire che usare i social non significa condannarsi, ma provarci, che si può sempre tornare indietro, che se hai liberato la mente da pensieri limitanti e che ti inquinano, anche quello trasparirà e aprirà la tua strada verso ciò che più risuona con te. Scegli con cura le parole che rivolgi a te stessa o a te stesso, prima dentro la tua mente e poi all’esterno.

Ti lascio con questa frase potente:

– Olga Chiaia, Il bello di uscire dagli schemisuperare rigidità e trappole mentali, vivere flessibili e felici. Feltrinelli, 2024

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