Cos’è il successo autentico e come raggiungerlo | Realtà e mito a confronto

Questo è quello che ci succede.

Facciamo il punto di ciò che siamo riusciti a fare e di quello che invece non è accaduto anche se lo volevamo con tutte le nostre forze: una promozione, un figlio, più coraggio, più clienti, ma anche di ciò che non volevamo accedesse, come dire addio ad una persona cara… sono tutte cose che hanno un peso diverso ma che ci costringono a rivedere le nostre scelte, se siamo intelligenti. Se siamo cocciuti ripetiamo ad oltranza gli stessi comportamenti, sperando che le cose cambino da sole (allarme spoiler: non succederà mai).

Prova insieme a me a fare questo esperimento: chiudi gli occhi, respira e torna indietro nel tempo (se hai 40 anni avrai tanto di cui ricordare) e pensa a tutte le volte in cui credevi che non ce l’avresti fatta e invece, inaspettatamente, sei riuscita nell’impresa, non è forse questo il successo? In linguistica generale e nella visione di  Ferdinande De Saussure esiste un significante (il segno della parola- il suono) e un significato ossia il concetto a cui quel segno rimanda. Nel caso della parola successo però non può esistere un rimando, un significato comune, poiché di esso esistono tanti significati quante sono le esperienze e le visioni umane.

Per mancanza di strumenti che mi permettano di conoscere ognuna di queste esperienze, anche se vorrei tantissimo, mi limiterò a distinguere due tipi di successo, quello autentico e quello “socialmente riconosciuto”, che solo qualche volta si allineano formando la più bella delle costellazioni.

Il successo come riconoscimento sociale

Le narrazioni sul tema o, come piace a me, lo storytelling sul successo a cui tutti siamo esposti dal cinema, ai social media, ci hanno persuasi che il successo sia quello che si tocca, è fatto di riconoscimenti sociali, di follower e di conti in banca espressi in K perché fa figo, di collane d’oro e abbigliamento super brandizzato. In questo caso il successo corrisponde con l’essere famoso o popolare.

Ma anche dentro questa maschera sociale si nasconde la luce: il successo inteso come riconoscimento sociale non è per fortuna solo questo, poiché dipende molto dai modelli di vita e di successo ai quali affidiamo i nostri desideri di “farcela”. Mi riferisco a premi Nobel, a intellettuali, scienziati, artisti e medaglie olimpioniche.

Pensiamo a due persone, entrambe due sportivi, una è Benedetta Pilato, colei che non è salita sul podio alle olimpiadi di Parigi, ma che ha dichiarato: “Ci ho provato fino alla fine mi dispiace, ma queste sono lacrime di gioia, ve lo giuro, è il giorno più bello della mia vita“, la nuotatrice è arrivata quarta per un solo centesimo di secondo, eppure era super soddisfatta… non so se ricordate la polemica di una collega in particolare che sosteneva che era impossibile che fosse veramente felice.

L’atro sportivo è il tennista Jannik Sinner che ha sbalordito tutti con il suo talento, il suo Flow (flusso creativo) è palpabile dallo schermo piatto di tutte le nostre TV, e la sua umiltà sembra essere la sua unicità e la sua forza: solo se si è consapevoli che vincere non è una meta ma un percorso senza arrivo, si diventa campioni autentici, nello sport come nella vita.

Mentre lo guardavo vincere durante la recente Coppa Davis , il cronista raccontava di come siano aumentate le iscrizioni di bambini e adulti che vogliono giocare a tennis, anche questo a mio avviso è avere successo: quando riesci ad essere d’ispirazione per altri.

Il successo autentico

Il successo autentico ha molto a che fare con il nostro “personale” proposito di vita, ha a che fare con le scelte che facciamo ogni singolo giorno e i nostri desideri più luminosi. Uso questo aggettivo, perché alcuni desideri, come potrebbe essere quello di diventare ricco se non supportato dall’impegno e dalla perseveranza di un altro obiettivo più nobile, è privo di forza, è povero, privo dello spirito umano motore di molte delle nostre azioni.

Alcune delle persone che ho intervistato hanno detto che avere un buon rapporto con i figli è il successo, altri che è il compimento della propria vocazione e coltivare relazioni autentiche, altri ancora lo hanno individuato nella loro capacità di abbandonare abitudini compulsive come dare di matto per sciocchezze (dispersione di rabbia inutile) o come lasciarsi travolgere da pensieri distruttivi, o ancora riuscire a “chiudere con qualcosa o qualcuno”. Anna la filosofa, tra le tante cose, mi ha detto che la scelta delle persone che frequenti è una delle chiavi del tuo successo e se fai una valutazione anche tu, ti accorgerai quanto è vero!

Qual è la caratteristica principale del successo autentico?

È senza catene sociali. Una persona che gode del successo autentico la riconosci perché è libera, è indipendente emotivamente e socialmente. Non ha bisogno che qualcuno gli dica che è bravo o che ha fatto un buon lavoro e neanche che qualcun altro o qualcosa lo renda felice. Poiché riesce a ricompensarsi da sé, come ci spiega lo psicologo ungherese Mihály Csíkszentmhály: quando siamo in uno stato di flow, sperimentiamo una profonda soddisfazione e gratificazione che deriva direttamente dall’attività stessa. Non abbiamo bisogno di ricompense esterne, come denaro o lodi, per sentirci appagati. La gratificazione è intrinseca all’esperienza.

Questa visione si lega ad un altro concetto importante: la mia idea di successo, ad esempio, e i valori che vi attribuisco definiscono il tipo di persona che sono o che aspiro a diventare. È come guardarsi allo specchio o andare in analisi senza pagare.

Altra caratteristica del successo autentico è che ad uno sguardo superficiale potrebbe sfuggire, poiché non si trasforma sempre in materia fisica come il denaro o targhe e premi, non ha una forma definita, è profondo e abita le nostre emozioni.

Qualora lo volessimo, lo possiamo misurare attraverso la qualità dei nostri pensieri, delle nostre relazioni personali e di lavoro, ma anche attraverso l’atteggiamento “propositivo” che mettiamo in atto di fronte ad una difficoltà o sfida.

Per molto tempo della mia giovane vita, ho trovato molte persone da incolpare per non aver raggiunto successo e riconoscimento esterno: dalla mia terra piena di amichettismo e raccomandazioni politiche, ai miei genitori che a mio dire non mi hanno seguita come dovevano (ma chissà se li avrei ascoltati), alla mia condizione socio economica che non mi ha permesso di studiare fuori e restarci. Solo crescendo ho capito che tutte quelle cose sono vere e sono limiti strutturali reali, eppure all’insuccesso concorrono a volte altri elementi come ad esempio la paura inconscia di “avere successo”. Di cui parlerò in un altro approfondimento.

L’altro giorno mentre avevo in testa questo articolo, un mio amico mi ha detto una cosa molto interessante, che anche il successo “poco vistoso” alla lunga ti viene riconosciuto specialmente da chi ti vuole bene a da chi non prova sentimenti d’invidia o rivalsa. In sostanza “si percepisce” e si riflette nella tua vita quotidiana in modo positivo.

Ma allora cosa lo rende diverso dal successo sociale? Quello ad esempio di cui gode una persona autorevole, con una posizione lavorativa di potere? Noi. Siamo noi che lo rendiamo diverso, perché noi ne stabiliamo il suo valore, alla luce della nostra scala di valori. Facciamo un esempio.

Quando morì Silvio Berlusoni scrissi un articolo per indagare insieme a voi, come la morte potesse cambiare la percezione del defunto, addirittura vedendo in lui o lei qualcosa che probabilmente non è mai esistito, nel caso specifico: il bene. Ora, la reazione degli italiani alla sua dipartita è stata totalmente polarizzante e ha tirato fuori cosa per molti di noi è “di valore”.

Da un lato i sostenitori di un uomo d’ammirare, un imprenditore e politico di successo che ha fatto tutto ciò che voleva, la frase che ho più speso sentito da molti uomini che lo descrivevano, commossi. Insomma, un “grande” e poco importa delle sue leggi ad personam dei suoi processi, della collusione mafiosa, ciò che ha fatto vince sul come. In questa visione la “mafia” diventa furto di caramelle di un bambino.

Dall’altra abbiamo chi, come me ad esempio, non ha nella sua scala di valori il “successo a tutti i costi”, perché se si fonda sulla pelle degli altri, a discapito di una società intera, non è un successo, ma una totale sconfitta.

E per queste ragioni che bisogna smantellare i miti più diffusi sul successo e contrapporli invece alla realtà di come raggiungerlo.

I miti più diffusi sul successo

Il successo in realtà

È un concetto soggettivo: non conta per gli altri, conta solo per noi, e il suo valore è unico, nessuno può portarcelo via. E soprattutto non farti condizionare dal successo che altri vogliono per te (aspettative sociali), se tu non lo vuoi. Lotta.

Richiede impegno costante: non è una questione di fortuna e sicuramente non lo si ottiene nel lungo periodo prendendo scorciatoie, a tal proposito i social non lo sono (sfatiamo un altro mito).

Il successo è un processo di apprendimento: sbagliare, commettere errori e imparare da essi è parte del percorso. Se hai paura di sbagliare leggi qui il Manuale di sopravvivenza agli errori e sbagliare ti sembrerà la cosa più giusta da fare.

E l’ultima la più difficile da mettere pratica: pensare al successo in senso ampio, non limitarlo ad un solo aspetto della nostra vita, ma espanderlo; cercando di trovare un equilibrio tra la vita lavorativa e quella affettiva, in quanto, a mio avviso, è la seconda che nutre la prima e non viceversa.

Conclusioni: come raggiungere il successo

Dunque abbiamo stabilito che non esiste una formula magica o una predestinazione al successo, mentre sono sempre più convinta che per raggiungerlo devi per prima cosa pensare e credere di meritarlo. Intanto. Poi devi stabilire i tuoi obiettivi, scrivili sulla carta in modo forte e chiaro, guardali e per ognuno di essi sviluppa delle micro azioni da compiere con costanza. Non mollare: dai fallimenti può nascere l’illuminazione e la soluzione che stavi cercando.

E infine prenditi cura di te, la cosa più importante: arrivare al successo trascurando la tua salute fisica e mentale e i tuoi affetti è una vittoria di Pirro, ossia vincere qualcosa ad un prezzo troppo alto anche per il vincitore, tanto che alla fine si perde solamente.